Un profondo cambio culturale per una sanità e un ospedale del futuro
Un viaggio affascinante attraverso la storia dell’assistenza sanitaria in Sardegna ha preso il via oggi alle Cantine Su Entu di Sanluri, con una giornata di riflessione che ha gettato le basi per comprendere le sfide e le opportunità del futuro ospedaliero del territorio.

Un viaggio affascinante attraverso la storia dell’assistenza sanitaria in Sardegna ha preso il via oggi alle Cantine Su Entu di Sanluri, con una giornata di riflessione che ha gettato le basi per comprendere le sfide e le opportunità del futuro ospedaliero del territorio. L’evento, intitolato “Passato, presente e futuro della spedalità nel Medio Campidano”, ha ripercorso le tappe fondamentali del processo assistenziale, a partire dalla nascita del primo ospedale a Siddi a metà del XIX secolo, per poi proiettarsi verso i connotati del nuovo complesso ospedaliero. Un’occasione unica per analizzare come il passato possa illuminare il percorso verso un’assistenza sanitaria sempre più efficace e centrata sul paziente.
Il sindaco di Sanluri e consigliere regionale Alberto Urpi ha portato i saluti istituzionali: “Noi, rappresentanti delle istituzioni e del Consiglio Regionale, siamo qui per testimoniare che le cose funzionano e che il territorio che ha un potenziale enorme da esprimere. Questa consapevolezza ci deve dare lo slancio per affermare con forza che siamo e dobbiamo essere attrattivi. Abbiamo tutte le carte in regola per diventare un modello di eccellenza”.
Il direttore sanitario dell’ospedale Nostra Signora di Bonaria, Sergio Pili, ha introdotto i lavori presentando i temi della giornata. Poi la parola è passata al commissario straordinario Maria Francesca Ibba che ha aperto il giro di interventi. “Questo convegno non è solo un momento di rievocazione storica, ma un ponte tra il vecchio e il nuovo ospedale, tra ciò che è stato e ciò che vogliamo che diventi. Al centro di ogni nostra riflessione c’è il capitale umano: le persone, il loro patrimonio professionale e valoriale. Medici, infermieri, operatori socio-sanitari, personale amministrativo e tecnico ogni giorno, con dedizione e competenza, operano all’interno delle nostre strutture. La preparazione, l’impegno quotidiano, le azioni sul campo, hanno un impatto diretto e profondo sulla qualità dell’assistenza che offriamo. Sono il vero motore del cambiamento.
Sappiamo di muoverci in un contesto difficile, segnato da un periodo di commissariamento. Questo comporta scelte complesse, talvolta dolorose, ma che affrontiamo con un impegno incrollabile per mettere a terra il mandato che ci è stato affidato. Ogni decisione è frutto di una profonda riflessione e di una chiara visione. I programmi che abbiamo condiviso con l’Assessore e le nostre strategie, richiedono il contributo fattivo di tutti, perché solo con un lavoro di squadra potremo raggiungere gli obiettivi ambiziosi che ci siamo prefissati.
Siamo in un momento cruciale di passaggio dal vecchio al nuovo, non solo a livello strutturale, ma anche organizzativo, tecnologico e logistico. Questo cambiamento è profondo e richiede un vero e proprio salto culturale. Dobbiamo portare nel nuovo ospedale tutto ciò che sappiamo fare al meglio, tutte le nostre eccellenze, le nostre “punte di diamante” che già oggi hanno ricadute importanti e positive sul territorio.
Questa giornata ci ha ricordato da dove siamo partiti in questo territorio e ci ha proiettato verso l’ospedale del futuro. Non possiamo pensare di entrare nella nuova struttura lavorando come oggi. C’è bisogno di un vero e proprio cambio di passo, un impegno rinnovato che deve venire da tutti. Questo ospedale non è solo nostro, ma è di tutti, operatori e cittadini, ed è per loro che dobbiamo sentirci una unica comunità, unita nell’obiettivo di offrire un’assistenza di qualità superiore”.
“L’ospedale Nostra Signora di Bonaria è stato per me un luogo fondamentale di formazione sul campo, dove ho svolto il mio tirocinio pratico”, ha affermato il direttore sanitario Alessandro Baccoli. “Questa esperienza ha plasmato la mia impronta ospedaliera, portandomi a intraprendere la carriera di chirurgo. Oggi, guardando al futuro, ci auguriamo che il nuovo ospedale possa fare bene il suo lavoro, ma questo sarà possibile solo se avremo un tessuto territoriale forte. È fondamentale che l’ospedale possa fare ciò per cui è nato, supportato da una rete solida che lo integri. Per questo, insieme al commissario, stiamo lavorando per sviluppare e rafforzare le reti di cura intermedie, collegando l’ospedale al territorio e al domicilio dei pazienti. Stiamo investendo nella rete locale delle cure palliative, riconoscendo l’importanza di un’assistenza completa che segua il paziente in ogni fase della sua vita”.
Il convegno, poi, è entrato nel vivo con la prima sessione dal titolo “L’organizzazione ospedaliera tra ‘800 e ‘900, dall’opera pia alla ASL” moderata da Angela Casula, direttore della Farmacia ospedaliera e Gianfranco Delogu, direttore della Cardiologia.
La professoressa Cecilia Tasca, docente di Archivistica all’Università di Cagliari, ha ripercorso la storia dell’Ospedale Managu di Siddi, inaugurato nel 1860 grazie alle volontà testamentarie di Luigi Giuseppe Managu, ultimo rampollo di una ricca famiglia di proprietari terrieri di Siddi, morto a soli 27 anni. La professoressa ha tratteggiato le linee di una straordinaria esperienza tra le riforme ospedaliere di fine 800, ricostruendo la storia della struttura attraverso l’analisi dei documenti d’archivio, offrendo uno sguardo sulla vita sociale e sanitaria della zona.
Gli ortopedici Gianfranco Puddu e Valeria Setzu hanno testimoniato l’esperienza della casa di cura di Santa Maria a Sardara, “ospedale per caso” negli anni della Seconda guerra mondiale. Gianfranco Puddu ha offerto una prospettiva unica e personale, intrecciando la storia della sanità del Medio Campidano con la sua esperienza diretta, sottolineando come l’ingegno e la resilienza abbiano permesso di fornire cure anche in tempi di grande necessità, evidenziando il valore intrinseco della cura comunitaria. “Ringrazio il dottor Sergio Pili questo momento orgoglio e identità: conoscere la storia e il passato è importante per gettare le basi per la nuova spedalità del futuro. Io sono testimone dello sviluppo che ha avuto l’ortopedia a San Gavino e senza dubbio posso affermare che una grossa parte dell’ortopedia sarda è nata a Sardara”.
Valeria Setzu ha iniziato il suo intervento con un’immersione nella storia di Mena Ibba, una bimba nata nel 1926 con il piede torto, prendendo spunto direttamente dal suo diario, storia che è simbolo della straordinaria abilità e dedizione del Dottor Mario Mossa. La sua guarigione non fu solo un trionfo medico-chirurgico, ma divenne un faro di speranza, testimoniando l’innovazione e la competenza che il Dottor Mossa portò in Sardegna dopo la sua specializzazione al Rizzoli di Bologna. Questo caso e l’apertura della sua Casa di Cura di Sardara, accrebbero la sua fama, attirando numerosi pazienti da tutta l’isola.
Sergio Pili, direttore sanitario dell’ospedale Nostra Signora di Bonaria, ha ripercorso la storia del nosocomio di San Gavino, dalle sue origini, passando per le diverse riforme, fino alla gestione attuale da parte della Asl. La nascita dell’Ospedale Nostra Signora di Bonaria risale al 1953, quando la Giunta regionale, con il Presidente Luigi Crespellani e l’Assessore alla Sanità Giuseppe Brotzu, approvò la sua costruzione e acquistò l’area. Successivi stanziamenti portarono all’inaugurazione l’11 febbraio 1962. L’ospedale, intitolato alla Nostra Signora di Bonaria, disponeva inizialmente di 200 posti letto (con circa 160 pazienti), 40 destinati a sanitari, religiosi e personale ausiliario, offrendo specialità come Medicina Interna, Chirurgia Generale, Oculistica, Otorino e Maternità. Per i primi otto anni, la gestione fu affidata ai Fatebenefratelli, in particolare i frati del San Giovanni di Dio, che ne gettarono le basi per un’assistenza di qualità.
Un salto dal passato al futuro con la seconda sessione moderata da Chiara Cadoni, direttore della Nefrologia, e Mariano Usai, direttore della Medicina interna.
Il Professor Silvano Tagliagambe, filosofo, ha analizzato le opportunità e i rischi dell’Intelligenza Artificiale (IA) negli ospedali, ponendoli come centri di formazione e sperimentazione. Ha evidenziato come modelli come ChatGPT, pur avendo conoscenze teoriche avanzatissime derivate da immense banche dati, incontrino significative difficoltà nell’applicazione pratica per la diagnosi medica. Il Professor Tagliagambe, rifacendosi a uno studio di Harvard, ha evidenziato un paradosso dell’Intelligenza Artificiale in medicina: sebbene i modelli di IA eccellano nei test standard, mostrano significative carenze nel “botta e risposta” e nel ragionamento sui sintomi durante le interazioni reali con i pazienti. Questo divario tra teoria e pratica sottolinea la necessità di sviluppare IA capaci di integrare meglio il contesto e la dinamicità dell’interazione umana, in linea con le neuroscienze che studiano il cervello in interazione con l’ambiente. Pertanto, l’IA è destinata a essere uno strumento di supporto per gli operatori sanitari, non un sostituto.
Una panoramica sul nuovo ospedale è stata presentata da Giuseppe Botta, Rup e Referente Asl nuovo ospedale e Adamo Caddeu, direttore Servizio tecnico Asl. Il nuovo ospedale di San Gavino Monreale sarà una struttura all’avanguardia con 215 posti letto, sviluppata su cinque livelli. La sua architettura intelligente prevede tre corpi di fabbrica connessi: un corpo centrale per le degenze, un lato est dedicato all’accoglienza e ai servizi ambulatoriali, e un lato ovest per le aree di emergenza e alta tecnologia, come il Blocco Operatorio e le Terapie Intensive. Questa configurazione moderna mira a ottimizzare i flussi e a rendere l’ospedale un punto di riferimento per la sanità del territorio.
La tavola rotonda finale del convegno “Passato, presente e futuro della spedalità nel Medio Campidano” ha messo a fuoco l’ospedale del nuovo millennio, ponendo il malato al centro e analizzando come architettura, organizzazione e tecnologia possano servire al meglio la relazione con operatori e visitatori.
Eleonora Fosci, Bed Manager, ha evidenziato l’urgenza di un cambiamento culturale: è essenziale superare l’assistenza tradizionale per adottare una presa in carico multidisciplinare, formando il personale e rivedendo i percorsi per rispondere proattivamente ai bisogni emergenti della popolazione.
Derrick Clifford Mc Gilliard, della direzione sanitaria ospedaliera, ha evidenziato l’urgenza di innovare i modelli organizzativi per affrontare le sfide attuali. Ha sottolineato come i sistemi esistenti fatichino a gestire i pazienti fragili e come le nuove tecnologie, pur accorciando i tempi di degenza, rendano obsolete le vecchie metodologie. Mc Gilliard ha enfatizzato la necessità di un’assistenza più mirata, spronando a “creare il cambiamento” e a sperimentare per migliorare l’efficienza e la qualità delle cure.
Infine, Barbara Podda, Direttore dell’Ingegneria Clinica ARES, ha illustrato le capacità tecnologiche del nuovo ospedale, prevedendo sale operatorie e un blocco parto all’avanguardia. Per la piena operatività, ha stimato un investimento aggiuntivo di 30 milioni di euro in nuove tecnologie, con la sfida di allocarle strategicamente per ottimizzare servizi e qualità.
Gli interventi sono stati convergenti sulla visione di un approccio olistico e proattivo, che integri innovazione tecnologica, riorganizzazione e un profondo cambio culturale per un ospedale del futuro realmente centrato sul paziente.
Ultima modifica
25 Giugno, 2025